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Arti

Stefano Aguzzoni

Artista scenografo conosciuto anche all'estero, Stefano nasce a Cesena ( FC ) nel 1954. Dopo la maturità conseguita al Liceo Artistico di Firenze si diploma in scenografia all' Accademia di Belle Arti di Bologna: ne seguono stage, corsi, la partecipazione a mostre, la creazione di scenografie per discoteche, negozi, bar, pub in tutta Italia, la collaborazione internazionale in opere di arredamento, con set cinematografici e televisivi. Il suo gusto per la composizione e la conoscenza dei principi dell'architettura hanno fatto in modo che Stefano si legasse particolarmente al teatro per ragazzi e alle feste paesane.

Artista eclettico, specializzato in scultura, continua tuttora la cooperazione con importanti architetti e maestri d'arte, proponendo oggettistica a tiratura limitata, progetti scenografici pubblici e privati ( interni ed esterni ) di ogni genere e realizzando plastici minuziosamente curati.

 

Francesca Ottaviani

 

Avrei voluto essere un Principe azzurro..
ma in quel tempo c'era bisogno di rospi...me ne sono reso conto quasi subito…che delusione  !
un'altra grande delusione fu quando mi resi conto che mi identificavano come artista,
!... madonna santa !non dovrò mica fare l'artista nella vita…? era un ritornello
molto frequente. Comunque non mi è mai passato per  la mente di fare:ne il Ferroviere o
il bancario  ne il carabiniere o il politico… magari il pompiere si, ci ho pensato.
Mi venivano in mente professioni come l'architetto, il grafico (attenzione il grafico
allora era tutt'altra roba, per me un mito, il grafico abitualmente era colui che
dipingeva manualmente i cartelloni pubblicitari e le scritte sulle vetrine, mettendo
addirittura la foglia d'oro sul vetro con una precisione impressionante,
grazie ai grafici si vedevano per strada delle vere opere di maestria e d'arte ),
poi mi affascinava il mito del marinaio ma i sacrifici per esserlo mi frenavano.
Ho pensato anche di suonare la batteria ! Ero piccolo tra i 7 e i 10 anni, di quando
in quando mio babbo mi portava con se in quel di S. Giuliano (rione riminese molto tipico)
in una vecchia e piccola casa di pescatori a partecipare a delle serate…di soli uomini.
Una quindicina di personaggi che avrebbero stupito persino il sig. Fellini.
La serata veniva scandita da un imponderabile metronomo a fiaschi di vino e ritmata da
canzoni popolari alquanto sconce,Io non capivo molto bene il senso di quelle parole,
ma mi incantavo nel guardare i musici che sostenevano le canzoni con suoni improvvisati, ma altamente virtuosi come il tamburellare delle dita e dei gomiti sul tavolo accompagnato da sbuffi e soffi di bocca, bottiglie bicchieri che emettevano suoni più soavi di un pianoforte, l'imitazione del violino fatta con uno stelo d'erba, o il pizzicato di una bava da pesca tesa sullo schienale di una sedia, tutto era suonabile..! 
e naturalmente una gran varietà di pernacchie che cadevano perfettamente a tempo!
Io mi incantavo seguendo le battute una ad una, desideravo tantissimo acquisire quelle
straordinarie capacità musicali, alla fine appresi solo qualche tipo di pernacchia e riuscii a trascrivere il testo di qualche canzone.
Peccato che oggi S Giuliano sia stato sterilizzato, e certi personaggi (puri) non ci
siano più! Avrei potuto fare anche il calciatore; spinto da importanti parentele nel settore,
Loro mi spronavano mentre io facevo l'indiano; a me piacevano le figurine mica i
calciatori! Prendermi del patacca da loro era la norma perché non era concepibile che il "football" non mi stimolasse per niente, allora mi dicevano: "tan capess gnint, ci propri un pataca…in te futbol u iè e guadagn, una masa ad sold, e po.. in dis an tè fat !! e dop tfè quell cut pè".

A undici anni ero ancora intento ad osservare questa costellazione di probabili
professioni future,ma prima ancoradi una più chiara consapevolezza, arrivò il battesimo della prima opera pubblica e pagata ! decorazioni figurative e floreali per una bottega (all'epoca non si diceva salone…) di parruccheria.

In seguito mi feci le ossa proprio sulle richieste di molte altre parrucchiere.
Farsi le ossa vuol dire non solo trattare economicamente il lavoro o presentare una
proposta artistica a qualcuno, ma anche sapersi organizzare praticamente, imparare a gestire i disegni con esigenze proporzionali, capire la tecnica "al contrario" della pittura su vetro, combattere la condensa che inesorabile si ripresentava in ogni vetro della bottega, concepire la basedella geometria lessicale, dipingere o disegnare con squadra e riga barcollando in cima  ad una scala , lavorare in esterno alla mercé del tempo atmosferico, e di chiunque passi di lì.

fine prima parte

 

 

LA DOPPIA VALIDITA' DELL'ARTE

La raccolta di Stefano Aguzzoni "Validebisvalide" nasce durante una sua stagione dell'anima in cui, resosi conto di aver intrapreso una direzione che non gli apparteneva, fece in modo di non ostacolare la scintilla vitale insita in ogni essere vivente, reagendo, come lui specifica, con un taglio netto. Confuso sulla via da seguire e sulle scelte da chiarire concilia il suo operare con le sue ricerche spirituali, prendendo spunto da Mondrian, Depero e, a mio avviso, anche da alcune opere Dada (Arp), soprattutto quando l'ironia e ciò che può apparire stupido e demenziale rientrano nel territorio dell'arte nascondendo significati programmaticamente antisociali. Nonostante l'apparenza di non serietà questi piccoli collage sono una cosa seria, vi si esplica la capacità di scegliere la forma più adatta, l'atto mentale anticipa e supera il gesto manuale, lo autorizza solo come gesto necessario alla comunicazione. Stefano compie un gesto simile
a quello dei futuristi ma non si propone di distruggere il passato, se ne vuole solo allontanare per poter compiere una scelta definitiva.
Rifugiandosi nel mistero, ritrova la propria essenza ascoltando e palesando i suoi dubbi, i suoi timori ma anche le sue certezze, che ritornano a galla elaborate con lo stile di quel periodo. Non solo ironizza sui luoghi comuni evidenziando la sua maestria nel creare figurine dal forte impatto figurativo ed emozionale ma, nella scelta dei soggetti, alcuni dei quali dal significante totalmente trasfigurato, palesa reminiscenze infantili, dalle quali, riproponendole, tenta di staccarsi.Nella raccolta "Le stelle", opere di misura maggiore, il caos primordiale tende a dissolversi man mano che ci si avvicina al centro del collage, come a sottolineare il fatto che la chiarezza si trova all'interno e tutto il frastuono esteriore può essere eliminato dall'introspezione.

 

  Francesca Ottaviani

 

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